In questo progetto si è scelto di focalizzare l’attenzione sul tema della mobilità urbana delle persone con minorazioni visive e di testare l’accessibilità della città di Roma, relativamente ad un percorso individuato ad hoc. Le barriere architettoniche non vanno intese come semplici ostacoli o impedimenti fisici. Il concetto di barriera è molto più ampio e multiforme e può essere causa di limitazioni percettive, sensoriali e così via, per tutti. Si deve quindi riconoscere allo spazio urbano il potere che intrinsecamente possiede: è il luogo che connette esistenze e vite, che ci porta quotidianamente fuori di casa, dove riveliamo quello che siamo e che possiamo o non possiamo fare. Rendere una città accessibile significa renderla vivibile per tutti, fruibile nell’immediato. Con l’aiuto di una persona cieca dalla nascita, si è cercato di comprendere chi sia il non vedente e quali siano le esigenze primarie in termini di mobilità e accessibilità in ambito urbano. “La definizione della parola “non vedente” pone un problema: definire un essere umano attraverso una negazione rivela una influenza culturale e una parzialità non trascurabili. Intanto è opportuno ricordare che prima di tutto c’è la “persona”, e in quanto tale ogni essere umano ha caratteristiche proprie che non possono essere pienamente spiegate concentrandosi su ciò che è assente. Inoltre un essere umano andrebbe definito per ciò che è, per ciò che fa, non per ciò che non è e non fa. Si preferisce pertanto parlare di “persona cieca”, o più sinteticamente di “cieco”. Potremmo definire il cieco come colui che vive basando le proprie capacità di interazione con gli altri e con il mondo su competenze uditive, tattili, olfattive, gustative. Il cieco vive la relazione con le persone e con il mondo come un insieme di percezioni e sensazioni e il fatto che tra queste non ci siano quelle visive è solo raramente sentito come una mancanza. Certo, il mondo è fatto anche di immagini, scritte, colori e “vietato toccare”, ma per fortuna si tratta di una piccola parte, legata all’autoreferenzialità dell’essere umano. Il discorso può essere esteso anche alla mobilità autonoma: i problemi che un cieco vive quando si muove per strada derivano essenzialmente da due fonti: 1. Indicazioni scritte ed analogiche (semafori, segnali, cartelli) non tradotti per chi è cieco. Marciapiedi di larghezza non sufficiente, mal tenuti o con ingombri non opportunamente segnalati. Come si evidenzierà in seguito si tratta di problemi che riguardano il diritto che, fin dalla Carta Costituzionale, tutti i cittadini hanno di vivere e muoversi attivamente nella società civile, ivi comprese le persone cieche”.
Giovedì 10 dicembre, ore 10,30. Conferenza stampa per la presentazione dello studio “Percorrere e attraversare a Roma: non è per tutti“.
Lo studio, realizzato dalla Fondazione Filippo Caracciolo in collaborazione con l’Area tecnica dell’ACI e con il prezioso contributo di Giammario Mascolo, docente e psicoterapeuta, cieco dalla nascita, è teso a misurare gli standard di sicurezza dei percorsi pedonali e degli attraversamenti nella Capitale, con specifico riguardo agli standard di sicurezza offerti ai disabili e in particolare ai ciechi che solo in Italia sono circa 130.000 (1 ogni 450 persone).
L’analisi ha preso in esame 17 tratte pedonali e 14 attraversamenti tra la stazione Termini e la Basilica di Santa Maria Maggiore.
Lo studio è il primo passo di un progetto più ampio che impegnerà l’ACI e la Fondazione Caracciolo nella valutazione degli standard offerti ai portatori di handicap fisici e motori, al fine di favorire la realizzazione di un manuale di progettazione degli itinerari pedonali urbani che consenta a tutti di muoversi in autonomia e sicurezza.